martedì 9 dicembre 2014

UNA TEORIA. LA MIA.



Al mondo altrettante persone come me sostengono la propria teoria, quella che vale per sè e va applicata a tutti gli altri senza alcuna modifica o interpretazione. Sono retaggi del SuperIo non troppo latente, retaggi di quella fase infantile in cui si passa dal Claudia all'io.
Quando esattamente si comincia a parlare ma soprattutto a pensare in prima persona? Quando esattamente ci riteniamo portatori di una verità senza concorrenti?

Io ho una teoria ed è la mia. Si tratta di un pensiero pseudoscientifico basato tutto sulle sensazioni, sulle impressioni e sui desideri (come dice Wikipedia) però aggiungo una nota essendo un utente certificato ed aggiungo *miei.

Ci sono dei giorni in cui leggo l'enciclopedia in cerca di un contenitore alle mie sensazioni ed oggi voglio dirvi le mie ultime scelte.
Queste sono le mie parole del giorno:

     Appercezione

              Pseudoscienza

     Collimare

                  Sillabo



domenica 26 ottobre 2014

I CLONI DEL XXI° SECOLO




“No, mi interessano le persone e il loro desiderio di costituirsi un’identità attraverso dei caratteri esteriori.” 
Hans Eijkelboom


http://www.vice.com/it/read/clones-hans-eijkelboom-fashion-909

@VICE 

martedì 16 settembre 2014

PER IL TUO COMPLEANNO G.Catalano




Ti ho comprato l’estate, un sommergibile e un motel
un gatto volante, un annaffiatoio di cristallo, un fischietto
ti ho comprato una zucca, un albero di giuggiole, nove
tipi di pane, ti ho comprato un pesciolino d’oro e un tamburello,
ti ho comprato un cappotto verde e delle scarpe di corallo, un letto a cinque piazze e mezzo, una casetta dalle finestrelle che sorridono.
Ti ho comprato una spada di liquirizia, un topo infrangibile, una banana parlante e ti ho comprato un misuratore di sciocchezze, ti ho comprato diecimila biglie, delle nacchere fosforescenti, un’ora di tuoni e fulmini, una falce di zucchero, ti ho comprato una scala coi pioli di cioccolato e uno scoiattolo di lapislazzuli vivo.
Ti ho comprato dodicimilia paia di calze a righe colorate, una gonna svolazzina e una collezione completa di pozzanghere, ti ho comprato una canna da pesca di pongo.
Ti ho comprato una mina anticretino, un abbonamento per fare colazione con me per cent’anni, uno zombi a molla, una scatola di fiammiferi, un cestino di lamponi.
Ti ho comprato un piccolo specchio nel quale potrai vedere quanto sei bella.
Non sono mai stato un granché bravo a fare i regali.
Però questa volta
secondo me
qualcosa che ti piace
c’è.

Guido Catalano


da http://www.guidocatalano.it/


venerdì 13 giugno 2014

Tutto è uno - T.Terziani




Tutto è uno. 
Questa idea della dicotomia è profondamente sbagliata. E niente meglio di un grande simbolo asiatico, in questo caso cinese, questa ruota con lo Yin e lo Yang, rappresenta la vita, l'universo... è l'armonia degli opposti. Perché non c'è acqua senza fuoco, non c'è femminile senza maschile, non c'è notte senza giorno, non c'è sole senza luna, non c'è bene senza male. 
E questo segno dello Yin e dello Yang è perfetto. 
Perché il bianco e il nero si abbracciano. 
E all'interno del nero c'è un punto di bianco e all'interno del bianco c'è un punto di nero.




giovedì 5 giugno 2014

Passé Composé - Passepartuuvatumonami.



Vorrei poterti dire
parole colorate
vorrei che scoppiassero come una bottiglia
che cade a terra,
una bottiglia di vetro.


Vorrei poterti dare
un abbraccio profumato
vorrei che fosse come una vestaglia
che appoggi sul letto,
una vestaglia misto lana.


Vorrei poterti raccontare
una storia morbida
vorrei che ci ballassi come un tempo
che non c'è più,
un tempo passé composé.


Vorrei poter scrivere
un pezzo sconvolgente
vorrei che rimbombasse come in galleria
la tua voce bambina,
una galleria milanese.


Ma poi vorrei che sta cazzo di bottiglia
si spaccasse in galleria, tra negozi osceni 
e la gente ancor di più
dici che è impossibile?
Vedrai.

Perché mi passa più la voglia che la vita
ed il tempo malefico, travestito da amico
ti illude sempre ed ogni volta
scema
tu ci caschi.

E quando sbatto l'anta dell'armadio
e poi si, come sempre, mi incazzo
e tu dici - ora però basta parolacce-
io già ti rispondo
-è che ne dico troppe poche!-


Dicevo che quando sbatto l'anta dell'armadio
e mi butto già sul letto
un poco mi girano i palloni -vedi che miglioro-
metto la vestaglia e penso
atuttelecosechenonhoancoradetto.





mercoledì 28 maggio 2014

Waltz No 1


  1. Devi dirle che è stato solo un brutto sogno, tra poco si torna a casa e si dimentica tutto.
  2. Potresti ballare con lei anche se si vergogna che gli altri la vedano
  3. Dovresti accarezzarle il braccio e fermarti sulla spalla per arricciare un capello, non ha fatto la permanente, non ha più avuto tempo.
  4. Bisogna che creda in un Dio superiore, quello che hai dentro e non vedi fuori.
  5. Dovresti annusare questo momento, legartelo attorno al bordo della camicia, spremere il senso di quello che provi e assaporarlo come un'onda che ti affoga.
  6. Bisognerebbe tutti vivere nelle case di bambola, in un modo non ancora conquistato, senza progressi, prima del capitalismo, prima dell'evoluzione, prima della creazione: un atomo di interezza, un pugno nello stomaco ed è solo iniziata.
  7. Dovrei imparare a suonare il pianoforte per non dover sempre ascoltare Dustin O'Halloran.
  8. Dovrei essere una, intera nelle sue parti, compatta non dispersa, integra e non scheggiata, a prova d'impermeabilità.
  9. Dovrebbe imparare a non tremare ebbene a piangere, sì piangere, piuttosto se vuoi, puoi piangere nonna.

Notte.

sabato 17 maggio 2014

L'ULTIMA POESIA G.Catalano



L’ultima poesia è l’unica certezza
l’ultima poesia è quella di quando
c’hai il cuore sgangherato
l’ultima poesia è sempre di tristezza.


Poi arriva la pioggia
che lava via i mali pensieri
ti lava via il trucco rovinato
che c’hai in faccia.


C’è un facilitatore di felicità in sala?
Qui ci sta gente
che ne avrebbe un gran bisogno.


C’è un gatto femmina
che si presterebbe
a dormire qualche notte con me
per farmi riaccalappiare il sonno?


Qui a Torino il cielo
è da troppi giorni azzurro
probabilmente è un cartonato.
È facile che ci stiano prendendo per il culo.


L’ultima poesia è piena di stanchezza
l’ultima poesia è quella di quando
c’hai gli occhi deserti
che ti fanno male.


E se cerchiamo bene
nell’ultima poesia
troviamo pure quello che ci serve


un poco
di bellezza.











mercoledì 14 maggio 2014

MAGGIO DEI MIEI STIVALI, STIVALI DA PIOGGIA.

Devi mollarci tutto lì.

Manca una virgola: devi mollarci, tutto lì.

Come una scelta fatta a pari opportunità, senza sbilanciamenti: la scelta che sembra non abbia una riflessione, la scelta di guardare una parte, la scelta di inquadrare e prendere del tutto un particolare.
Bene, molla il particolare, molla tutto lì.
Lì dove sei.
Vai via tu.

Nel momento in cui lasci tutto capisci che non è il tutto che ti prende ma sei tu.
Nel senso che puoi decidere se vuoi, puoi decidere tutto.
Non devi credere nella paura, circumnavigare il globo, annegare tra le lenzuola e il modo in cui nuoti in questo mare non è dato dal solo galleggiare.
Ricordi che ci sono stati giorni in cui abbiamo creduto nell’eternità come se l’avessimo scritta noi, come se fosse stata una nostra idea e gli altri l’avessero semplicemente copiata?

L’eternità? Te la spiego io.
Te la spiego ad occhi chiusi mentre vado via. Puoi decidere dove trovarmi se quello è il tuo problema, puoi trovarmi dove non ci sono più, puoi trovarti proprio dove non vedi niente.

Ed io lo so che hai bisogno di prove ma l’unica prova vera non si trova così, come credi si trovi pace, è una luce e poi rimane negli occhi. Si tratta di un neon senza filtri, è una luce che non devi fissare da vicino e nemmeno quando fa troppo buio.
Rimane negli occhi, rimane lì, dove tu hai mollato tutto.

E se poi volessi davvero questa prova, beh la troveresti, onestamente non so dirti dove, perché si nasconde quando pensi di averla vista e si mostra solo quando smetti di affannarti.
Non è una dieta, non ti consiglia e nemmeno rimprovera: non ascolta e non dice nulla.

Si direbbe che la trovi in queste mie parole: ti sfugge il punto. Il punto è che…






martedì 6 maggio 2014

L' OPERA STRUGGENTE DI UN FORMIDABILE GENIO - Dave Eggers





-Vorrei salvare e conservare tutto, ma allo stesso tempo vorrei anche che tutto sparisse, incapace come sono di decidere se è più romantica la conservazione o il decadimento-

Dave Eggers
(L'opera struggente di un formidabile genio)





Luigi Ghirri, Bologna, Studio di Giorgio Morandi 

martedì 29 aprile 2014

PENSAVO ALLE LENTIGGINI G.Catalano




Pensavo alle lentiggini
pensavo fosse gente
che durante sti periodi freddi e bui
tendessero a migrare
al caldo
dove c’è il sole
il mare.
Le tue no, restano.
Stanno, le tue lentiggini
e ti fanno bella, bellilla, luminosa
ti fanno spiritosa.

Fa rabbia sentir parlar d’amore
a chi non sa l’amore
fa rabbia e fa paura
come le cose che non si sanno.
La morte, per quel che mi concerne a me
non ho capito ancora
chi cazzo l’ha inventata né il perché.

Facciamo, se ti pare
che tu eri una bellissima fontana
che zampillavi all’ombra
di quell’albero che sai.
Facciamo che ero un nano da giardino
e ci innamoravamo.
Facciamo che io ti sradicavo dalla terra
e ti portavo via con me.

E non so mica il dove
per ora non lo so
ma so il perché.
Spegni il telefono, se puoi
rendiamogliela dura
che facciano fatica.
Battiamo qualche record
con i nostri corpi.
Facciamo
se capisci cosa intendo
facciamo in modo che
chi un giorno saprà quello che è successo
abbia difficoltà
a trattenere
un po’ di meraviglia.


http://www.guidocatalano.it/






Analog Double Exposure Photographs by Florian Imgrund

sabato 5 aprile 2014

ZYGMUNT BAUMAN - L'arte della vita




La nostra vita è un'opera d'arte – che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no. Per viverla come esige l'arte della vita dobbiamo – come ogni artista, quale che sia la sua arte – porci delle sfide difficili (almeno nel momento in cui ce le poniamo) da contrastare a distanza ravvicinata; dobbiamo scegliere obiettivi che siano (almeno nel momento in cui li scegliamo) ben oltre la nostra portata, e standard di eccellenza irritanti per il loro modo ostinato di stare (almeno per quanto si è visto fino allora) ben al di là di ciò che abbiamo saputo fare o che avremmo la capacità di fare. Dobbiamo tentare l'impossibile.
E possiamo solo sperare – senza poterci basare su previsioni affidabili e tanto meno certe di riuscire prima o poi, con uno sforzo lungo e lancinante, a eguagliare quegli standard e a raggiungere quegli obiettivi, dimostrandoci così all'altezza della sfida. 
L'incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane. 
Sfuggire all'incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità «autentica, adeguata e totale» sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso. 

lunedì 31 marzo 2014

Orlando




"Per quanto sembri una pura inezia, la funzione degli abiti, dicono, non è solo quella di tenerci caldo. Cambiano la nostra visione del mondo, e la visione che il mondo ha di noi. […] Così pare molto fondata la tesi che sono gli abiti a portare noi, e non noi a portare gli abiti; possiamo far sì che modellino bene un braccio, o il seno, ma essi ci modellano il cuore, il cervello, la lingua a piacer loro."



 Orlando - V. Woolf

martedì 11 marzo 2014

Diario di rondine A.Nothomb





Difficile liberarsi da qualcosa che uno ha scambiato per una liberazione.




A.Nothomb

-Diario di rondine-




venerdì 21 febbraio 2014

martedì 18 febbraio 2014

IN UN QUADRO




Noi ci siamo già incontrati in un quadro,
nelle fibre della tela,
tra le scheggie del legno,
dentro un grumo di colore
nella firma
accanto alla data
dietro nel retro
davanti nello spazio di un museo
davanti
si ma davanti
come spettatori.

Noi ci siamo già incontrati nel colore,
quel colore che è solo la base
quel colore terra d'estate
una tinta secca
forse non piove da giorni
sembra solo polvere
e vuoi scostarla con la mano
ma resta
nell'occhio della mente
resta proprio perché è la base
da cui partire.

Noi ci siamo già incontrati non qui
non dove sono io ora
e dove sei tu ora
primo perché siamo lontani
poi credo non sarebbe qui e ora
Hic et Nunc andate a cagare
Ieri e là
ieri o anche prima
è uno spettacolo muto
e deve ancora arrivare l'orchestra
quindi ora io monto la pellicola.

venerdì 31 gennaio 2014

YOU ONLY LIVE TWICE.

Listening to:
GRAVENHURST – ALBUM “The ghost in daylight”
CHET BAKER - ALMOST BLUE
Mark Lanegan "You only live twice"

Aria che esplode da un senso comune
come una goccia che passa di foglia in foglia
fino alla terra
È un seguirsi
È una discesa
come uno scoccare di piatti
solo in sottofondo
come una campana
però fatta con un fiore
come il dito che porti fuori dalla bocca
per sembrare
che si apre una bottiglia con uno scoccare.

Mezzanotte.

Assolo di una chitarra elettrica
leggero come un onda sonora
che resta bassa
la puoi scavalcare se vuoi
e tutte quelle che seguono
puoi galleggiare
sempre
nel mio mare blu indaco.

Bussare al vetro
con un guanto di pelle che magari
non fa rumore,
suonare al campanello
ma non scappare per ascoltare.
Qualcuno chiede chi sono.

Lo chiamano il vento della pazienza
quello della catalogazione
in cui infili vetrini nella tua collezione
affondi le dita tra le cartelle e
sono solo iniziali.

Cominciando dai particolari
torni al totale
e l’immagine cambia improvvisamente
è un interruttore
ed ora che lo sai
puoi sempre accendere
questa luce che ti mostra le cose
come sono.

Senza che tu la ami per quello che sembra.

Per quello che sembrano
quando le guardi la prima volta
senza interesse e congiunzioni.
Senza che tu le abbia studiate.

Ti batto con la testa e non con il cuore.
Ti abbatto con la testa e non con il cuore
perché non ha armi il cuore
non ha nemmeno mira
se è per questo.
Il cuore vive di incoscienza
se sapessimo di battere
se lo sapessimo davvero
allora si fermerebbe.

Stop.




martedì 21 gennaio 2014

CITY- Alessandro baricco

– E allora perché piangi?
– Non sto piangendo.
– Sì che stai piangendo.
– Non è vero.
Era una specie di lancinante, dolorosa meraviglia. Non so se ha presente, colonnello. È un po' come quando si guardano i trenini elettrici, soprattutto se c'è il plastico, con la stazione e le gallerie, le mucche nei prati e i lampioncini accesi di fianco ai passaggi a livello. Succede anche lì. Oppure quando si vede nei cartoni animati la casa dei topolini, con le scatole di fiammiferi al posto dei letti, e il quadro del nonno topo alla parete, la libreria, e un cucchiaio che fa da sedia a dondolo. Ti senti una specie di consolazione, dentro, quasi una rivelazione, che ti spalanca l'anima, per così dire, ma contemporaneamente senti una specie di fitta, come la sensazione di una perdita irrimediabile, e definitiva. Una dolce catastrofe. Credo che c'entri il fatto di essere sempre fuori, in quei momenti lì, sei sempre lì che li guardi da fuori. Non ci puoi entrare, nel trenino, questo è il fatto, e la casa dei topi è qualcosa che rimane lì, nella televisione, e tu sei irrimediabilmente davanti, la guardi ed è tutto quello che puoi fare. Anche quella Casa Ideale, quel giorno, ci potevi anche entrare, se volevi, facevi un po' di coda e poi potevi entrare a visitare gli interni. Ma se lo facevi, non era la stessa cosa. C'era un mucchio di roba interessante, era curioso, potevi anche toccare i soprammobili, ma non c'era più quella meraviglia di quando l'avevi vista da fuori, quella sensazione non c'era più. È una cosa strana. Quando ti accade di vedere il posto dove saresti salvo, sei sempre lì che lo guardi da fuori. Non ci sei mai dentro. È il tuo posto, ma tu non ci sei mai. Mia madre continuava a chiedermi perché ero triste, e io avrei voluto dirle che non ero triste, al contrario, avrei dovuto spiegarle che c'entrava piuttosto qualcosa tipo la felicità, tipo la devastante esperienza di averla vista, di colpo, e in quella idiota casa lì. Ma come si faceva. Anche adesso, non riuscirei. C'è anche un po' da vergognarsi. Quella era una stupida Casa Ideale fatta apposta per fregarti, era tutto un grande e idiota business di geometri e muratori, era una solenne truffa, per dirla tutta. Per quanto ne so io l'architetto che l'aveva disegnata poteva essere un perfetto imbecille, uno che a pranzo andava all'uscita delle scuole a strusciarsi contro le ragazzine e a sussurrargli Succhiami il cazzo e cose del genere. Non so. D'altronde, non so se l'ha notato anche lei, in genere, se c'è qualcosa che ti colpisce come una rivelazione, puoi scommetterci che è una cosa fasulla, voglio dire, una cosa che non è vera. Prenda l'esempio del trenino. Lei può stare a guardare per ore una stazione vera e non succede niente, poi basta un'occhiata a un trenino e, tac, si scatena tutto quel ben di dio. Non ha senso, ma è dannatamente così, e alle volte più è idiota, la cosa che ti becca, più ci rimani appeso, con la meraviglia, come se ci fosse bisogno di una certa dose di impostura, di deliberata impostura, per ottenere tutto quello, come se tutto avesse bisogno di essere falso, almeno per un po', per riuscire, dopo, a diventare qualcosa come una rivelazione. Anche i libri, o i film, è la stessa cosa. Più fasulli di così si muore, e se va a vedere chi ci sta dietro può scommetterci che troverà solo solenni figli di puttana, ma intanto ci vedi dentro cose che ad andare in giro per la strada te le sogni, e nella vita vera non le troverai mai. La vita vera non parla mai. È solo un gioco d'abilità, roba che vinci o perdi, te lo fanno fare per distrarti, così non pensi.


Alessandro Baricco -CITY



Symphonie Monoton Silence (extrait)
Yves Klein