domenica 6 maggio 2018

UNO.

Ovvero di come ho trasformato il fallimento di tutti i miei progetti in un progetto impossibile e quindi infallibile.


Parlerò di mesi e di anni, mi sbaglierò citando fonti a voi sconosciute (quindi giustamente non potrete incastrarmi), racconterò di giorni che non ho vissuto e di settimane che avrei voluto cedere ad uno stuntman.
Si, nel mio blog sono un po' uomo.

Comincia tutto anni fa, una sera, quasi una notte, in cui non conveniva uscire: consigliano sempre in stati di alterazione di non prendere decisioni affrettate.
Bene, io esco e a piedi piedini raggiungo la mia migliore amica per una cena a tre.
Ricordatevi di questo numero: sarà una grande ritorno negli anni a seguire.
La mia migliore amica vive in un paesino non tanto lontano dal mio e la proprietaria di casa è una sua ex compagna, amiche e compagne, compagne e simili: amano lo sport e gli animali, si incontrano raramente e cazzo porco quando si incontrano questa famosa sera voglio esserci anch'io.

Qui trovo necessario raccontarvi il perchè; la ragazza in questione è di bellezza rara, ovviamente intendo fisica perchè io, a lei, non ho mai nemmeno parlato: ha capelli lunghi e lineamenti esotici, cammina maldestra ma sicura (poi scopriremo che è un vezzo, di sicuro lì non aveva nulla) si veste alla moda, una moda sua ma ben riconoscibile, rimanda all'America, rimanda un po' al fighetto reggiano.
E voi qui penserete che questi sono incontri che non si hanno da fare in momenti, come prima accennavo, di alterazione emotiva.


EXCURSUS

A casa mi aspettava (e non tornerò) un ragazzo speciale, non per disabilità e delicatezza semantica dell'aggettivo, bensì perchè speciale lo era in tutto: aveva parole delicate e braccia per accogliere ogni parte di me. Lui era quello che gli altri dicono "giusto", ma io non avevo bisogno di stare con la persona giusta. Avevo un lavoro, ben più di uno in realtà e la giustezza era per me la noia quotidiana. Devo però soffermarmi per ammettere che di noioso aveva ben poco: scriveva come una divinità, parlava altrettanto, accarezzava i miei capelli come il vento che tira lungo le coste mallorchine (io, però ancora non lo sapevo) e mi amava il "giusto" per permettermi di essere chi ero, sapeva il francese ed ordinava ai ristoranti di Parigi con un accento adorabile, con grande delicatezza prevedeva ogni mia mossa, come i grandi amanti fanno e, quella sera, aveva previsto la débâclesostantivo femminile
  1. Disfatta, sconfitta clamorosa

  2. che poi avvene.



FINE EXCURSUS

la cena in questione (a cui io non partecipai, arrivai dopo il pasto) fu un grande scompenso nella mia vita. E sapete perchè? Mi sono divertita come poche altre volte nella mia vita, credo di aver riso per qualche ora senza accorgermi che l'amica (la mia) si era addormentata e noi eravamo rimaste sole.

Necessario rimando al perchè ho voluto esserci alla cena.
Qualche giorno prima, forse qualche settimana ero in auto con il "giusto" e la sorella dell'altro "giusto" della famiglia (lui, ancora c'è ed è Il Giusto) e viaggiavamo verso la Francia, strano eh. Nel gossip ardente e volgare del viaggio si parlò per ben più di qualche minuto della ragazza dalla bellezza rara, si parlò di un suo grande problema che forse non era riuscita a risolvere, insomma parlammo di cose oscene e dolorose, di problemi così lontani dalla mia quotidianità simil sana (mente sapendo di mentina la scrittrice) che ne rimasi folgorata.
La salvo io.
Questo fu il primo pensiero. E non so dirvi il perchè ma davvero mi ricordo le testuali parole rimbombare nella mia mente.
La salvo io.
Credevo in un qualche modo che fosse necessario incontrarla e dirle che io avrei avuto una soluzione per lei: la soluzione ero io.

Se fosse un film comico ora sentiremo un pfffff o una risata o un rumore di una qualche clap, tipo le risate registrate della Tata Francesca.

Capite la gravità? La salvo io non andrebbe pronunciato nemmeno a una cagnolina smarrita. Bisognerebbe pensarlo e dimenticarlo. Beh, io non lo faccio, nemmeno con i cani, anzi soprattutto con i cani. Metaforicamente parlando ci fermiamo qui.

[ Part I ]