venerdì 27 aprile 2012

LA MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI E' FASCISTA


o meglio LE RIMANENTI GESTA DELL’ITALIA ANTICA 
(un lamento antico in una sera di nervosismo)



Cosa realmente resta del nostro antico e mirabile impero? 

Uno scherzo del tempo, una perpetua illusione di un amore che prima o poi rifiorirà ma non ha nemmeno il tempo di porsi delle domande e che non ha intenzione di convivere con i problemi reali. 
La paura di riprendersi l’umanità che sembra scioperare per cause perse, il senso di alienante solitudine davanti ai problemi del quotidiano, il mancato abbraccio di una madre un tempo severa ora totalmente assente. 
Cosa resta realmente a questa madre malata di Alzheimer? 
Sembra aver dimenticato ogni insegnamento ed ogni principio, doppia accezione non del tutto casuale: sembra infatti aver dimenticato soprattutto l’inizio, il punto di partenza ed essere miope, sfocato è l’arrivo. 
Un punto lontano ci sembra ancora l’unico modo per andare avanti, uno sguardo verso un futuro che non potremo goderci se non parzialmente, ricordandoci il lungo ed infernale tragitto che abbiamo compiuto. È del tutto inutile appoggiarsi a patriottismi ed ideali tricolori se su quella bandiera ogni giorno spendiamo parole gravi: importanti e pesanti come i problemi che oggi ci sfidano. 
Sfidano la nostra integrità ed il nostro bisogno di sentirci qualcosa e qualcuno in una società che sembra non avere più bisogni ma solo scarti di cui liberarsi. 

Quindi dove sono le antiche gesta? 

Sono rimaste nei triclini dorati davanti ai quali donne sagaci ballano per ottenere un posto in paradiso (dimenticandosi che vivranno in un inferno morale ben peggiore), sono rimaste nelle captatio benevolentiae, prive di quel lustro e di quella conoscenza che ha reso la nostra patria culla di parole così grandi e così indimenticabili, sono rimaste nelle telefonate in cui si organizza un furto allo Stato (magari durante una calamità di dimensioni epocali) solo per pagarsi un auto più grande - ma uomini così piccoli cosa se ne fanno di automobili così grandi? - o una vacanza rilassante, oppure una casa sempre più bella e centrale, solo per invitare persone sudicie, tanto vale non impegnarsi nelle pulizie di queste case, direte voi. 
Quelle belle parole grandi e roboanti che oggi sfilano in corteo scritte con bombolette e pennarelli indelebili (a quanto pare solo su superfici inorganiche), parole che spesso perdono il loro senso per ritornare a simboleggiare immagini che abbiamo dimenticato a memoria. 
“La libertà che guida il popolo” di Eugène Delacroix svetta dalle barricate, trascinando con sè la rivolta sociale del 1830 / una rivolta di pochi, diciamo i pochi borghesi, che col tempo dimenticarono i veri bisogni del popolo / oggi la vediamo sfoderata durante le campagne presidenziali francesi, trasformandone il contenuto alto-allegorico in un cartellone pubblicitario elettorale di poco respiro e dalla memoria corta. “Il quarto stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo, opera inaugurante già con la sua data di creazione 1901 e prima tela esposta agli occhi dei visitatori nel museo del '900 a Milano, adottato dalla ramo sinistro di una politica che si arrampica su vecchie scale (dalle quali facilmente cade senza poi cambiare i pioli). Quanta storia in un cartellone pubblici-identitario, una massa indefinita di lavoratori in cammino: tre sono i protagonisti che sembrano ondeggiare verso di noi, la donna si lamenta e ci sembra di sentire le sue parole di disappunto / quel tono accentato in finale che è tipico di una lamentela femminile/ mentre i due uomini passeggiano, determinati, senza nemmeno voltarsi ad ascoltarla, è la rappresentazione oggettiva e determinata di uno sciopero, non notiamo accenni di protesta violenta né esasperata rassegnazione, abbiamo il massimo del realismo sociale, un realismo a tratti educativo ed informativo.

Bene.
Piccolo cameo.
Aveva ragione Giorgio Bocca nel criticare duramente e con pessimismo gli italiani: sicuramente esagerava dicendo "la maggioranza degli italiani è fascista" ma evidenziava un livello di profonda immaturità democratica, di disprezzo per la libertà, un fascismo che si attacca alle istituzioni, allo Stato ( ne sono memoria le stragi, il terrorismo, la mafia, la P2) insomma *mai scherzare con un italiano* e *io non vedo, non sento, non parlo* battute tra amici, ma forse anche no.
Dobbiamo esercitare la memoria antica e quella più recente per non dimenticare mai ed avere il coraggio e la forza di essere la differenza e di essere di parte, sempre e senza vergogna, forse con una manciata di paura, per costruire il futuro che noi e i nostri figli meritiamo e meriteremo.
Bene.
La seduta è sciolta.

Ora, valium.








venerdì 20 aprile 2012

PREMIO VAF V. EDIZIONE - Posizioni attuali dell'arte italiana



Quali sarebbero le posizioni attuali dell'arte italiana?
Bisogna andarle a trovare a Kiel, nel nord della Germania, dove un gruppo di collezionisti e curatori si occupa di promuovere e premiare (finalmente) l'arte giovane italiana nei suoi molteplici mezzi espressivi.

#soprattutto a quelli che non sono ancora veramente riusciti ad attirare verso di sé l'attenzione della critica e del pubblico, la possibilità di raccogliere, attraverso la presentazione della loro opera all'estero, un consenso e un'approvazione che possano poi riflettersi sulla loro posizione in Italia e sull'attenzione che viene loro tributata negli ambienti artistici italiani#

Sedici artisti, otto donne e otto uomini che spaziano dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al video, dalla performance alla creazione 3D, una rappresentazione dell'Italia che non esclude nemmeno la suddivisione regionalistica: abbiamo artisti di Roma, Bologna, Genova, Torino, Napoli, Sud Tirolo...
Sicuramente i criteri non hanno fatto conto dei soliti nomi noti dell'arte italiana, bensì hanno filantropicamente cercato una rappresentazione dell'Italia nelle sue principali biforcazioni e nelle sue tematiche. 
Sotto la presidenza del collezionista d'arte e del fondatore della Fondazione VAF, Volker W. Feierabend, cittadino tedesco, ma milanese di adozione, una giuria internazionale formata da direttori di importanti musei tedeschi e austriaci, ha selezionato questi sedici artisti: Francesco Arena, Veronica Botticelli, Giulia Caira, Aron Demetz, Marianna Ferrato, Luigi Gariglio, Michele Manfellotto, Marzia Migliora, Simone Pellegrini, Luana Perilli, Donato Piccolo, Mariagrazia Pontorno, Moira Ricci, Rosy Roxy, Vincenzo Rulli, Massimiliano Zaffino.


waiting for_Inaugurazione  20 Aprile_19.00  






venerdì 13 aprile 2012

TRUCIOLO - Sandor Màrai



Non è da tutti aver conosciuto Truciolo ma almeno uno come lui nella vostra vita l'avete sicuramente incontrato e difficilmente siete riusciti ad allontanarlo.


Riabilitando la memoria di un libro sopra le righe cito le ultime pagine di questo capolavoro (Truciolo di Sandor Màrai), sicuramente un libro difficile da accogliere nella propria libreria, tanto quanto è difficile per il protagonista accettare in casa propria questo cane selvaggio e rozzo, estraneo ad ogni tipo di educazione e rispetto umano.
Credo diversamente da questa recensione (che allego con rispettivo link) che Truciolo sia un pretesto per raccontare in maniera del tutto egoistico - superficiale #profondamente superficiale come diceva Andy Warhol# il genere umano ed in questa impresa titanica Màrai sia riuscito a farsi amare e ad amare lui stesso ciò che violentemente lo scuote e lo irrita: parliamo di disordine e ribellione, odio che fa digrignare di denti, rifiuto di ogni regola ed insegnamento.



Ecco la riflessione finale del protagonista/scrittore.
"Forse ho sbagliato, non mi sono comportato abbastanza da padrone con te, con l'autorità che prescrivono i dotti manuali e gli esperti; forse è vero che con gli esseri viventi bisogna per forza attenersi a regole rigide, e ricorrere a sferze e ad accalappiacani. Se davvero è così, non ne voglio sapere. Non capisco niente di questo mondo. Va' e vivi come meglio puoi, e ribellati ogni volta che vuoi.
[...]
Lasciamo Truciolo in questo momento un po' troppo denso di commozione e retorica. Avrà un destino di cane alquanto volgare, un destino pieno di complicazioni, di situazioni ridicole e tragiche; ma ormai è una faccenda che riguarda soltanto questo essere insignificante, e sarebbe inopportuno tediare ulteriormente il lettore con vicende private di bassa lega.
 [...] 
Truciolo è solo una pallida larva nella memoria di chi resta. 

[...]
La buonanima aveva fama di essere un cane infido; nel quartiere Krisztina ci sono ancora dei vecchi che si ricordano di lui. In casa, il suo posto già da tempo è stato occupato da un nuovo cane, che ha ereditato il guinzaglio e la museruola dello sfrattato; si chiama King Jimmy, ha il pelo candido, è schifiltoso e mansueto, è un discendente dell'antichissima razza degli spitz finlandesi, preferisce camminare su due zampe, risponde a vari nomi, è buono e obbediente. 
 [...] 
In una parola è la bontà personificata, l'incarnazione di tutte le più nobili virtù. E' quasi impossibile non amarlo. A volte, il signore si chiede stupito perché non riesca proprio ad amarlo; e perché mai, quando gli torna in mente Truciolo, sente un leggero colpo al cuore. Perché prova una sorta di malinconica nostalgia, a dispetto di tutte le cicatrici di cui lui e tutte le persone che vivono in quella casa portano ancora i segni sulle mani?Ha il sospetto che, nonostante tutti i morsi, il fosco ricordo di Truciolo gli sia persino più caro di tutte le qualità del virtuoso e grazioso King Jimmy.Perché, a mano a mano che va avanti, tentoni, nella vita, commettendo un errore dopo l'altro, comprende che non amiamo tanto ciò che è bello, buono e virtuoso, ma piuttosto tutto ciò che è represso, imperfetto, irrequieto, e che protesta digrignando i denti - tutto ciò che non è virtù e accondiscendenza, ma è invece imperfezione e ribellione.Sì, lettore, è una morale da quattro soldi - ma è una verità di cui non si può fare a meno né nella vita né nell'arte, e val bene il moroso di un cane."

- Peccato. Duecento pagine sulla figura di un cane avrebbero potuto lasciare un segno nella letteratura del Novecento, ma avrebbe dovuto scriverle chi avesse amato i cani, non chi li definisce "esseri di bassa categoria", non chi li disprezza perché si sono venduti la libertà "in cambio di una scodella di zuppa", non chi ritiene che dietro l'attaccamento degli uomini verso i cani vi sia "un'abitudine asociale e morbosa che li porta a riversare sull'animale ciò che gli esseri umani sono soliti elargire ai propri simili...".
Truciolo è un libro autobiografico. Márai racconta una sua esperienza giovanile. Conclude dicendo che "tutto questo è solo un lontano ricordo". E fortunatamente ha infine un dubbio: "forse non capisco niente di cani, non ci siamo capiti, parlavamo due lingue diverse...".
Peccato. Il Márai di Truciolo, il Márai di Braci è uno scrittore che sa farsi ammirare, ma non sa farsi amare. Con Truciolo ha perso una grande opportunità, l'amore di un cane. E noi lettori un'altra grande opportunità, quella di un grande libro. -
Ugo Randone : [ http://www.tiraccontoiclassici.it/opera.php?id=163 ]
Lo pensate anche voi?













martedì 10 aprile 2012

THE BALLAD OF SEXUAL DEPENDENCY - Nan Goldin

Avete mai avuto un diario?
Non c'è differenza nella virtualità dell'oggi tra un diario pubblico ed uno privato.

Oppure no.
Temiamo spesso la disinvoltura e la leggerezza dei modi, le parole sbagliate. [esecileggeunparenteuncollegaouncompagno?] 
Temiamo la condivisione della nostra intimità.

Io ho un diario con alcuni amici strani, particolari in primo piano e pareti sfocate, occhi spaesati e capelli spettinati: questo diario della dipendenza, la ballata di Nan Goldin, ha avuto su di me il fascino del racconto a puntate, le foto scorrono e le vite avanzano.
La fotografia diventa la camera oscura della memoria dalla quale rielaborare e portare alla luce i ricordi arrotolati in piccole scatole, chiusi in vecchi armadi nelle nostre case mediocri.
Parliamo di dipendenza, quella che fa male e quando fa male fa bene e solo quando non stiamo bene ci sentiamo soddisfatti di questo male #questo è un buon paradosso su cui lavorare# osservando queste immagini perdo improvvisamente quel giudizio spietato che cala dall'alto in determinate situazioni: non posso giudicare perché anche io sono uguale a loro nel mio diario privato.

Nel mio diario non c'è differenza tra interno ed esterno, tra intimo e pubblico, tra mostruoso e sublime: cadono i giudizi e mi ritrovo in crisi.









Fotografie tratte da "The ballad of sexual dependency" Nan Goldin

domenica 1 aprile 2012

L'errore che fece storia, 1912.





 Jacques-Henry Lartigue, Grand Prix de l’ACF,1912


Immaginiamo lo stupore di Jacques-Henri Lartigue al Grand Prix dell’Automobile 
Club de France quando ha sviluppato l’istantanea colta durante la gara: 
un’automobile in corsa con la ruota posteriore ovalizzata dalla forza dell’accelerazione. 
Gli spettatori sembrano cartonati in bi – dimensione, congelati 
in un momento successivo al passaggio dell’automobile da corsa, questo effetto è 
dato dalla particolare meccanica dell’otturatore a tendina della sua macchina 
fotografica ICA Reflex di medio formato. 
Ma in questo spazio di tempo, per quanto brevissimo, l’automobile (per velocità 
propria) e lo sfondo (per il movimento del corpo del fotografo) si spostano rispetto 
alla superficie sensibile producendo così una sfasatura nella forma e negli oggetti in 
movimento: la parte della ruota che tocca terra viene in realtà fotografata qualche 
istante prima di quella opposta, che nel frattempo è avanzata e il cerchio diventa così 
un’ellisse. 
Questa istantanea non mostra certamente ciò che il fotografo vide passargli 
davanti, bensì una deformazione della velocità captata dal mezzo, è un errore ma 
l’effetto, che è irreale, si avvicina molto e oltrepassa in risultato le ricerche che si 
facevano in quegli anni da parte della grande avanguardia artistica del futurismo 
con il fotodinamismo. “Bugiarda rispetto alla realtà, appare vera rispetto alle 
sensazioni che suscita”.


Imperdibile questa animazione ritrovata nel web (molto più imperdibile il mio tentativo di 
mostrarla durante la discussione della tesi...).