martedì 13 ottobre 2015

CHI HA PAURA DEL BUIO?


Oggi ti parlo del buio e ne parlo a te che ne hai più bisogno.
Il buio è mancanza di colore e se non avessi accentato la e sarebbe un tema delle elementari da correggere.
Bene, andiamo avanti, il buio è un posto dove potresti trovare di tutto, è di fatto uno spazio più ampio di uno qualsiasi illuminato: non ha fine il buio. Sembrerebbe di poterci infilare una mano per estrarre le cose più strane, strane ovviamente solo perché non le vedi: gli occhiali che indossava il nonno a leggere il giornale, il vaso caduto a terra mentre aspiravi il salotto, il tavolo dove disegnavi da piccolo, lo zaino della palestra, un guanto da neve, il primo telefono cordless comprato da tuo papà.
Spostati questi oggetti di lato e inserito il corpo nel buio potrai sentire le cose immateriali, quelle che non vedi o meglio quello che non vuoi vedere: il brutto della tua città, l'umido dei tuoi occhi, il groppo alla gola, la violenza più inaudita, le parole più improbabili (e non dico quelle di cui chiedi conferma all'Accademia della Crusca...), il colore del sangue vivo, i fogli di carta taglienti, i cani che non puoi più accarezzare.
Luce e buio.
Esci immediatamente da lì.
Continua nel tuo tema elementare.

Il buio è la sensazione di rilassamento delle tue tensioni, è il colore delle cose profonde proprio perché non ci sono colori prestabiliti: il buio è l'idea di una sensazione. Quando vedo il buio e quando sento il buio e quando sono al buio e quando porto il buio dentro di me non sono spesso una buona persona, non amo il buio perché mi ricorda troppo violentemente chi sono, non amo il buio perché mi ci perdo e non trovo l'uscita.
Ieri notte ho seguito il suono della musica, quella che mi canto in testa quando ho paura del buio, ieri notte son uscita dal buio come abbagliata da una luce nuova.


Evgen Bavčar - Il buio è uno spazio 
  

lunedì 14 settembre 2015

Consigli a un giovane scrittore_part I

Dove diavolo sono quei fantastici blog di ricette?
Spazi virtuali-video tutorial-motori di ricerca-batto sbagliato e prende giusto- sequenze di mani che si muovono fuori e dentro-recipiente pieno-recipiente vuoto-farina e uova-legno e ferro saldato-mescola fuori no mescola dentro- pulisci fuori dentro e mangia.
Non ho mai scritto per lavoro (il lavoro quello che intende il dizionario) ma soprattutto differenza economicamente sostanziale e spiritualmente dentro fuori pulito sporco, non ho mai scritto se non per me.

"Ciao, io scrivo da me e per me, di solito anche con me ma diciamo che dipende".


Quindi ora, stasera, son pronta per dare i miei non consigli a un giovane scrittore come me.

Gli dico di sedersi come se dovessi dire qualcosa di importante, è una scena solenne già sedersi davanti al proprio mac e decidere di non alzarsi. Si, sono snob e non ho scritto portatile e nemmeno computer, proprio perché come dicevo: io scrivo per me e stasera scrivo con me.

1. Non desiderare mai la penna e la lingua altrui: adattati con quella che hai e cerca di non tradirla con quella più bella che vedi adagiata nei grandi classici. Sentiti in questo matrimonio la parte forte perché hai una moglie muta e devi darle voce tu. Sei contemporaneamente quello che si inchina e quella che piange, sei il figlio rompi coglioni che ti da del vecchio bagordo e sei la casa che puoi permetterti.


2. Non arrabbiarti con i tuoi errori di ortografia, fanne uno stile e racconta che il tuo ultimo viaggio in Patagonia ti ha sconfusionato (!!!) le parole e fatichi a ricordati alcune esagerazioni grammaticali italiane.


3. Se per azzardo volessi parlare del vento cerca di non dire che ti scompiglia i capelli ma parla proprio di quella polvere che si inficca tra le fessure dei tuoi pensieri frizionati, raccontaci che manca olio e sale e pepe in questo motore e che non ti frega troppo di vedere le nuvole andare veloci: spiega bene che a te le cose piacciono lente, in slow motion e che del cielo ti importa come a Renzi importa dell'Italia.


4. Fai il politicante ma sempre senza proposte: prendi con poesia le cose grandi della vita come la religione, la politica e il senso comune. Credo tu rimanga comunque il più interessato a queste, come dicevo prima, cose.


5. Vestiti come un matto scappato dall'ospedale di notte, metti quel genere di palandrane che si preparano nelle borse in caso di emergenza: un abito da disperato che invogli tutti a vedere cosa c'è sotto. E questa è sicuramente una metafora, anche bruttina.


6. Numera gli obbbiettivi e quando hai dubbi sul numero di b da digitare tu mettine tre e segui come al punto 2. In caso di errore spiega che sei una fotografa professionista.


7. Domandati poche cose e costruiscine molte.


8. Scocciati quando senti persone dire la frase al punto 7 e lamentati spiegando che sei un giovane precario sommerso di teoria universitaria ma senza alcuna pallida e funerea idea di come si costruisca alcunché.


9. Entra in contatto con tutti: viviti la vita di tutti, non come una comare né come un elicottero del traffico francese. Decidi se stare dentro o fuori come nelle ricette, pensa profondamente e superficialmente e chiediti: ma come cazzo si fa? Andy Warhol voleva solo fare il giusto dicendo questo maledetto ossimoro. Tu vivi di ossi di seppia? Ok, basta.


10. Decidi invece da che parte vuoi stare: la banda o gli spettatori, il sarto o il modello, il cane o il padrone, il telefono o il messaggio e ne avrei in mente così tante che son emozionata per il mio prossimo inutile post su questo blog. Però tu deciditi, scegli da che parte vuoi stare, questo ti permetterà di essere coerente e di essere etichettato, è una regola fondamentale del commercio di se stessi, la riconoscibilità e la visibilità mioddio.


11. Dimentica la 10 e integra il tuo essere di p/arte con una rigidità modulare: spezzati ma in parti piccole così da mantenere sempre intatto il nucleo, dividiti in parti minuscole e componibili. Mostrati al mondo come un dipinto divisionista, sfilacciato proteso verso il futuro, filamentoso e scattante: adattati e smettila di irrigidirti perché il mondo ti metterà sempre in discussione (verbale e fisica) e tu dovrai fare lo stesso. Dovrai pensare in maniera empatica per comportarti in maniera simpatica, di modo che come l'inchiostro tu possa cancellare qualche errore di percorso.


12. Guarda negli occhi il tuo lato selvaggio, quello che esce dall'ufficio dopo di te, quello che canta e fischietta le canzoni di natale a luglio, non pettinare e non usare il botox contro le tue insicurezze: raccontati chi sei e non vorrai più cambiare. Viviti al meglio quello che credi non piaccia a nessuno. A Nessuno non importa niente di te. E si tratta di un signore piuttosto scontroso.


13. Non terminare mai con un numero pari qualsiasi cosa: pensieri dispari, idee dispari e consigli dispari. Ho letto su un giornale che il lastrone dei comandamenti andava a capo su una pietra ritrovata a lato ed indicava chiaramente un undicesimo comandamento ed era: Smettila di leggere e vieni con me. Non è di difficile interpretazione.


C.

domenica 2 agosto 2015

Alle sei del mio orologio


Non ho mai indossato orologi importanti e nemmeno gioielli.
Avevo comprato il mio primo ed unico amato swatch nel negozio monomarca appena aperto in città, lungo la via Emilia, avevo attorno ai 9 anni ed ero parecchio movimentata. Come descriveresti una serata confusionaria agli amici il giorno dopo: una serata movimentata. Oggi credo di meritarmi un aggettivo adatto ad una serata e quindi da piccola, si, io ero movimentata.

Questo vi dico solo per spiegare che dopo nemmeno un anno ho rotto completamente il cinturino in gomma
(sintassi infantile per licenza letteraria accordata)
spezzato proprio nel punto in cui si attaccava al quadrante.
Spezzato capite?
bene, andiamo al negozio, ed il mio orologio non esiste più ed in realtà ancor peggio:
non si può aggiustare.
Imprecazioni infantili in sottotitolo inglese grazie. Luci abbassate, musica spenta.

Riaccesa la camera: 27enne la protagonista, sfinita ed esautorata dai colloqui.

esautorato
e·ṣau·to·rà·to/
aggettivo
  1. 1.
    Privato dell'autorità o del prestigio, che non è più in grado di farsi obbedire o rispettare da nessuno.




Dicevo, sfinita ed esautorata dai colloqui lavorativi precedenti, la nostra protagonista accetta un lavoro nella più prestigiosa gioielleria del centro città (sulla via del misfatto).
Lei, ahiloro, non ha mai avuto nemmeno la folgorazione, ma che dico, nemmeno la più pallida idea di che cosa fosse un Rolex. Si, avete ragione, li ha visti indossati da svariate persone, ha osservato pubblicità sulle riviste ma finisce qui. Non la storia.
La ragazza in questione apprende le basi dell'orologeria e della gioielleria: capisce che esistono oggetti che funzionano se li carichi tu direttamente, se li indossi e con il tuo ondeggiare (e qui scatta la battuta "dove?" e se non l'avete pensata, proseguite senza timori) quotidiano, oggetti per pigri che funzionano comunque.

capite?

Lei non lo sapeva.

Bene, il punto è un altro. La ragazza scopre una cosa:

Quando un orologio meccanico dotato di datario deve essere messo a punto bisogna posizionare le lancette in un esatto punto punto punto (anzi meglio per convenzione diremo che questa regola interna è stata fissata ad un orario preciso proprio per non sbagliarsi o indursi in tentazione, amen padre).
Difatti un orologio è composto da differenti ruotismi che assemblati creano una cosa che io dovrei vendervi e non voglio perdermi nel tecnicismo ma insomma:
l'orologio vicino alle ore di passaggio da un giorno all'altro attiva le ruote del datario che (se fossimo così inesperti da cambiare giorno in quel preciso momento) fatto ciò rischieremmo di rovinare e compromettere e rompere e sinonimi venite a me quest'orologio.

Noi, di convenzione, poniamo le lancette delle ore alle 6.
carichiamo un poco l'orologio, passiamo all'estrazione della corona in posizione due e mettiamo le 6. così siamo tranquilli di non incappare in qualche spostamento.

ma dico? vi sembra questa una notizia fenomenale?

beh, io credo di aver pensato che vorrei essere un orologio per fermarmi un secondo e decidere di mettermi a punto senza toccare nessun ruotismo della mia vita.
Vorrei potermi allontanare dai meccanismi che si logorano e non hanno rubini a proteggerli dalle usure.
Vorrei mettermi alle 6. regolare il calendario come mi pare, fermare il tempo per giocarci su ed a meccanismi fermi andare ad osservare dentro di me tutto quello che trovo e sentire tutto.
Comprendere tutto, senza incombenze e rumori di fondo. Ricordare tutto come un anziano ricorda il passato lontano ed essere fisso sul presente come un segugio durante una battuta di caccia. Ed a movimenti congelati prendermi il mio tempo per decidere: tiro la corona e metto alle sei.

Dite che è semplice bisogno di una vacanza?









martedì 12 maggio 2015

Sei capace di scrivere qualcosa di importante?

Sei capace di scrivere qualcosa di importante?
Qualcosa che scuota le membra come un fremito durante una pioggia estiva, qualcosa che svegli la mente dopo un dormiveglia quasi infinito.
La carne greve del cervello.

Ti eri dimenticata di averlo giusto sopra di te.
Te? Dove ti trovi? Sotto il cervello, lontano dagli occhi e un poco vicino al cuore.
Sei nella gola, in un tubicino stretto stretto che collega un qualche cosa ad un'altra
cosa che serve da un lato a mangiare ed anche a parlare, ma non insieme ovvio.
Si dice contemporaneamente mi dicono dal divano: contemporaneamente sia.

Sei dunque capace almeno di dire qualcosa di importante?
Qualcosa da prendere i megafoni in manifestazione e scandire a parole grandi.
Quel genere di parole che se le metti nei cartelloni la gente ci fa le fotografie
e li mette prima su facebook poi li cita e dice che ci crede un casino perché si tratta
esattamente di quello che pensano ma loro solo lo pensano e non riescono a dirlo.
Figurati a scriverlo.

Allora non sei capace né a dirlo né a scriverlo?
Non hai nessuna fuoriuscita di nessun tipo dici?
Non borbotta niente dentro questa pentola borbotti, tu, non la pentola.
Son undici minuti di cottura da quando inizia a bollire ripeto scocciata.
Eppure mi spieghi che sono ore che sei sul fuoco e non hai visto nemmeno una bolla.

Ma sono invece io capace di dire veramente qualcosa di importante?
Qualcosa che ti invogli a leggermi non solo nelle righe e tra le righe, quello tu lo sai.
Io intendo quel tipo di interesse che scombussola davvero che ti chiedi se è possibile
avere questo bisogno, questa urgenza che urge, questa emergenza che emerge e tutta
quella serie di parole che derivano da verbi ma che non sempre suonano bene quindi
mi fermo qua.

Sarò capace di non sbagliare indirizzo e punteggiatura, di smettere di scrivere qual con
l'apostrofo rendendomi promotrice di questa grossa delusione che sono le università di
lettere perché non si può studiare così tanto poi lavorare, poi dimenticare chi si è, poi
dimenticare come si scrive poi come si parla e poi magari come si legge.
Finisce che ci credo davvero anche io che siamo un paese di analfabeti e in più ogni
volta che osservo queste statistiche mi sento un numero di quei numeri che mi fanno
vergognare di non essere un numero piccolo quindi diverso quindi migliore.

Insomma fondamentalmente sarò capace di tacere?


C.


martedì 3 marzo 2015

FRATELLI GERMANI

Si viene e si va.
Si dice così no?
sivieneesivà con l'accento sulla a

si legge e si dimentica
si dice che si sa ma poi non si sa
dove va l'accento qua?

si corre e si rincorre
si parla e si discute giorno e notte
qual'è il problema?che soluzione ha?

Non a caso la matematica ha sempre proposto una ferrea, sistematica (ma soprattutto cromatica) esposizione e soluzione del problema: dati/soluzione/conclusione. Rimane da dibattere sulla bravura e sui voti in matematica.algebra.geometria.
Analisi logica, analisi del periodo.
Trova la subordinata, qual'è la principale? E se per errore uso un present perfect?
Se dimentico la s della terza persona singolare? se non riesco a ricordarmi la declinazione di fero?
Cosa succede?

si viene e si va.
Lo diceva anche Ligabue,
si viene e si vaaaa con tante a

si pensa e si rimugina
mumble,mumble come nei fumetti
dove va la nuvoletta qua?

si vive e si muore
voce del verbo stare
ma in fondo, dico sul serio, come si fa?

L'unica lettura che ho sempre adottato, la lettura delle cose della vita, quegli eventi che rimangono vaghi e di ampio respiro: le morti, i matrimoni, le nascite, le partenze, gli arrivi...potrei sembrare un'appendice del Merenghetti. E cos'è il Merenghetti? Il più accreditato dizionario enciclopedico di cinema.
L'unica lettura che ho sempre adottato, la lettura delle cose più oscene della vita, delle cose più tragiche e conclamate, degli eventi più catastrofici e sproporzionati, dei sentimenti più perturbanti e sconquassanti, dei silenzi bui e delle stanze giganti, dei letti traballanti, delle case silenziose, delle cucce fredde e vuote, delle foto che inesorabili ti ricordano i colori ed i profumi.
L'unica lettura che ho adottato è quella alla Perec: mi siedo al tavolo ed elenco tutto quello che vedo, tutto ciò che la mia mente vede in un vortice di illuminazione, insomma un vomito di pensieri.

si viene e si va
come un'onda un poco stanca
si viene e si va sempre un po più in là

Certo che, senza un fratello, niente ha più senso qua.




sabato 17 gennaio 2015

LA QUINTA VIA Tommaso D'Aquino (test di interesse attivo)

Sono certa che questo titolo infame regalerà momenti di sconforto per chi si aspetta la rubrica monotematica monologo monopoli monoprix monopattino.
Purtroppo oggi va così: su ESSERE DI P/ARTE si parlerà dell'esistenza di Dio.

Cambiate blog e cambiate browser se non ve la sentite.
Se la dimostrazione della Quinta Via vuole supporre l'esistenza di un Dio proprio perché la creazione di un universo con una finalità dimostra l'intromissione di Dio/poiché solo i movimenti (cogliete la semplicità dello spostamento ma immaginate la migrazione esterna ed interna..) umani erano giustificati e motivati da una finalità [...]And so on. Tenete duro amici.

Quello che ho capito io diversamente da Tommaso D'Aquino (roba da stupirsi perché io e Tom siamo del tutto alla stessa altezza di pensiero) è che il movimento è principalmente interiore ed è esattamente questa finalità carnale e viscerale che si espande in una versione moderna di un telefilm americano ambientato in un'umida città piena di Suv.
La casualità, la scelta fatta un po così con una moneta gettata al vento (e tutti vi ripetete "si ma già mentre lanci tu sai cosa desideri, perché speri...") beh, ecco io non è che proprio spero come direbbe Paolo Villaggio ma diciamo che spesso me la cavo. In ogni caso la dimostrazione di un movimento giustificato da una finalità mi piace, mi da conforto ma il problema è che ho perso il filo del pensiero.

Ciò che volevo dimostrare oggi è che esiste una forza del pensiero che probabilmente muove anche le cose circostanti. Io oggi con tutta questa energia propositiva ho spostato Marte, Saturno e tutti i pianeti avversi (così direbbe mia zia), ho accarezzato la schiena della Luna e l'ho girata nel verso giusto, quello della copertina degli Air "Voyage sur la lune", ho preso a calci due o tre stelle per rendere più buia la mia riflessione, ho avvicinato qualche nuvola per bagnare la panchina sul parco di quel grande scorbutico che lavora in quel negozio di chiavi, ho bagnato le mani nella notte più buia per prendere il giorno come fosse un telo da stendere e come una tovaglia ho apparecchiato la giornata.
Ecco io credo che la quinta via per dimostrare l'esistenza di se stessi sia la pulsione che muove e agita ciò che ci circonda: si tratta di un movimento armonico, come un'onda sonora gigante ed annebbiante, fa l'effetto della benzina, del caldo sull'asfalto.
Ma non voglio aver paura di vedere un poco annebbiato.