martedì 21 gennaio 2014

CITY- Alessandro baricco

– E allora perché piangi?
– Non sto piangendo.
– Sì che stai piangendo.
– Non è vero.
Era una specie di lancinante, dolorosa meraviglia. Non so se ha presente, colonnello. È un po' come quando si guardano i trenini elettrici, soprattutto se c'è il plastico, con la stazione e le gallerie, le mucche nei prati e i lampioncini accesi di fianco ai passaggi a livello. Succede anche lì. Oppure quando si vede nei cartoni animati la casa dei topolini, con le scatole di fiammiferi al posto dei letti, e il quadro del nonno topo alla parete, la libreria, e un cucchiaio che fa da sedia a dondolo. Ti senti una specie di consolazione, dentro, quasi una rivelazione, che ti spalanca l'anima, per così dire, ma contemporaneamente senti una specie di fitta, come la sensazione di una perdita irrimediabile, e definitiva. Una dolce catastrofe. Credo che c'entri il fatto di essere sempre fuori, in quei momenti lì, sei sempre lì che li guardi da fuori. Non ci puoi entrare, nel trenino, questo è il fatto, e la casa dei topi è qualcosa che rimane lì, nella televisione, e tu sei irrimediabilmente davanti, la guardi ed è tutto quello che puoi fare. Anche quella Casa Ideale, quel giorno, ci potevi anche entrare, se volevi, facevi un po' di coda e poi potevi entrare a visitare gli interni. Ma se lo facevi, non era la stessa cosa. C'era un mucchio di roba interessante, era curioso, potevi anche toccare i soprammobili, ma non c'era più quella meraviglia di quando l'avevi vista da fuori, quella sensazione non c'era più. È una cosa strana. Quando ti accade di vedere il posto dove saresti salvo, sei sempre lì che lo guardi da fuori. Non ci sei mai dentro. È il tuo posto, ma tu non ci sei mai. Mia madre continuava a chiedermi perché ero triste, e io avrei voluto dirle che non ero triste, al contrario, avrei dovuto spiegarle che c'entrava piuttosto qualcosa tipo la felicità, tipo la devastante esperienza di averla vista, di colpo, e in quella idiota casa lì. Ma come si faceva. Anche adesso, non riuscirei. C'è anche un po' da vergognarsi. Quella era una stupida Casa Ideale fatta apposta per fregarti, era tutto un grande e idiota business di geometri e muratori, era una solenne truffa, per dirla tutta. Per quanto ne so io l'architetto che l'aveva disegnata poteva essere un perfetto imbecille, uno che a pranzo andava all'uscita delle scuole a strusciarsi contro le ragazzine e a sussurrargli Succhiami il cazzo e cose del genere. Non so. D'altronde, non so se l'ha notato anche lei, in genere, se c'è qualcosa che ti colpisce come una rivelazione, puoi scommetterci che è una cosa fasulla, voglio dire, una cosa che non è vera. Prenda l'esempio del trenino. Lei può stare a guardare per ore una stazione vera e non succede niente, poi basta un'occhiata a un trenino e, tac, si scatena tutto quel ben di dio. Non ha senso, ma è dannatamente così, e alle volte più è idiota, la cosa che ti becca, più ci rimani appeso, con la meraviglia, come se ci fosse bisogno di una certa dose di impostura, di deliberata impostura, per ottenere tutto quello, come se tutto avesse bisogno di essere falso, almeno per un po', per riuscire, dopo, a diventare qualcosa come una rivelazione. Anche i libri, o i film, è la stessa cosa. Più fasulli di così si muore, e se va a vedere chi ci sta dietro può scommetterci che troverà solo solenni figli di puttana, ma intanto ci vedi dentro cose che ad andare in giro per la strada te le sogni, e nella vita vera non le troverai mai. La vita vera non parla mai. È solo un gioco d'abilità, roba che vinci o perdi, te lo fanno fare per distrarti, così non pensi.


Alessandro Baricco -CITY



Symphonie Monoton Silence (extrait)
Yves Klein

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