sabato 24 marzo 2012

SONNAMBULI 2.0

Avete presente quei momenti in cui sembra di vivere in un set cinematografico?
I momenti in cui osserviamo il mondo come da un camerino; dalla finestra scrutiamo le scene girate e cominciamo a prepararci per il nostro momento.
Sono quei brevi secondi in cui (fisicamente) ci incantiamo, sbarriamo gli occhi in una messa a fuoco precisissima e impassibile, simuliamo una prova di standby del sistema.
E invece no.
Il nostro corpo volteggia in un fragore sterminato di piatti, un accozzaglia di oggetti in disuso, una cantina sommersa di robaccia, un azzuffata tra gatti, una sala parto nel pieno delle doglie, le urla dei bambini di notte.
Niente ci può disturbare se non il nostro rumore interiore.
Infatti rimaniamo immobili. Silenzio. Occhi fissi.
Doug Aitken ci ha catturato, nella nostra ripetitiva quotidianità, ripetitiva e disarmante diversità; quando la nostra tipica giornata sta terminando e ci ritroviamo nella notte dei sensi proprio questi si distendono e si dilatano in un'elaborazione onirica.


"Sleepwalkers di Doug Aitken celebra l'elemento umano colto nella sua capacità di trovare anche nell'alienazione e nella solitudine momenti di epifania che lo risollevano da ogni miseria, in una città che più di ogni altra racchiude in sé ogni estremo e pulsa di un'energia inarrestabile.
L'installazione si snoda lungo le pareti esterne di uno degli edifici-simbolo della vita culturale di New York, che fa non solo da “superficie di proiezione”, ma fornisce anche la cornice d'eccezione dei palazzi circostanti. Prive di audio originale, le cinque sequenze video sfruttano il tappeto sonoro della città, in continua variazione: le macchine per strada, il brusio dei passanti, il vento, la pioggia, l'atmosfera ovattata delle giornate più fredde…
La proiezione simultanea delle diverse storie crea similitudini e contrappunti, sottolineati da scene di passaggio identiche, spesso ricche di simboli riferiti alla vita colta nella sua ciclicità (il cerchio del sole, degli orologi, ma anche delle tazze e del piatto), nel suo fluire (l'acqua della doccia e del rubinetto che scorre, le nuvole) e nella sua intrinseca energia (le mani che si sollevano, la danza, il ritmo). Ogni personaggio è unico e allo stesso tempo esemplare, così come la sua esperienza. Ciascun video, segnato da una marcata atmosfera onirica, è basato su uno schema simile e si sviluppa attorno a momenti fondamentali: ogni personaggio è colto al momento del risveglio, nel rituale giornaliero che precede la sua uscita “nel mondo”, poi al lavoro, e infine, nella notte, in un momento di trasfigurazione, che vede il protagonista liberarsi della quotidianità e scatenarsi di volta in volta in una danza, in un volteggio o nel suonare uno strumento.

 Come spesso accade nelle opere di Aitken, la narrativa frammentata, diffusa nello spazio espositivo, crea un'esperienza immersiva che spinge lo spettatore a creare in continuazione nuove connessioni, a muoversi durante la progressione dei video, a trovare punti di vista ideali, diversi per ognuno. In Sleepwalkers la simbiosi fra installazione, ambiente e spettatore diventa ancora più stretta: la città e i suoi abitanti non sono più solo narrato, ma viva realtà che guarda a se stessa attraverso l'opera e contribuisce a completarla sotto ogni punto di vista, dalla fisicità dei rumori di fondo all'esperienza estetica dei singoli."




Monica Ponzini- DIGIMAG



 / trovate un quarto d'ora di tempo / 

Doug Aitken- Sleepwalkers, 2007, Moma.

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