venerdì 5 aprile 2013

JOHN CAGE: cos'è l'arte? cos'è la musica?cos'è...?

Non ho mai avuto ambizione di decidere cos'è esattamente l'arte.
Forse non si tratta di ambizione.
Ho sempre creduto che la musica vivesse di una sacralità propria, di un ascolto solitario e individuale, di una sensazione che ci permette di decidere senza dubbi. Decido da sola ciò che è musica per me.
Decido da sola ciò che è arte per me.
La maggior parte delle persone che conosco hanno sfiorato un libro di storia dell'arte attorno agli anni delle superiori, decretando arte la pop-art, il cubismo, la fotografia e forse qualche scultura un pò diversa dalle altre.
La maggior parte delle persone crede di poter catalogare l'arte secondo criteri estetico-economici ed è per questo che non credo ci sia un grande progresso culturale a venire; pochi visitatori alle mostre, pochi conoscitori, poche parole sensate.

Beh, riguardo alla musica non credo ci sia una definizione che può contenere il termine, probabilmente lo sai solo mentre l'ascolti, e poi in realtà ciò che sai lo sai solo tu. 
La musica è un linguaggio, ma del tutto inter-personale, è un monologo che ci si presenta e con il quale dobbiamo confrontarci solo personalmente. Di fatto la musica cambia di pari passo con i nostri cambiamenti di umore, con le nostre magagne e le nostre soddisfazioni, non è quindi un linguaggio ma diciamo che può diventarlo se noi lo trasformiamo in una musica "universale".
Credo che qualche canzone abbia raggiunto un valore universale di linguaggio ed è con queste che spesso comunichiamo in maniera internazionale e mondiale (a fatica).

In ogni caso la mia idea di sogno, la leggerezza di un'idea che di giorno resta quieta e si evolve e si innalza come un origami, la sensazione di mare, un'onda che mentre arriva già se ne va, alcune montagne alte ed io riesco a volare, ci passo vicino, quasi le sfioro, ma riesco a volare, un'onda gigante che sembra rompersi eppure è infinita, riesco a vederne la schiuma, le ombre dell'acqua e son già sotto a nuotare, poi mi sembra di annaspare, scivolo, inciampo sto per cadere.
Mi sveglio.
Grazie John Cage. 





3 commenti:

  1. Mi ricordo le parole di Cage sul "dilemma" <> e così altre mille domande una dopo l'altra. L'interrogazione, il non darsi pace, il cercare di capire qualcosa e alla fine del viaggio chiedersi perché ci ponevamo quel problema, perché ci eravamo messi a pensare a quella determinata questione. La musica a mio parere esprime le domande di qualcuno, a volte riesce a farti capire il mondo di quel qualcuno, altre volte vuole essere una richiesta d'aiuto, o un grido di protesta, o ancora un elogio alla semplice bellezza. L'arte, l'immagine, sono i modi che l'uomo ha per donare all'altro la sua visione dell'Essere, della realtà, che già è caleidoscopica per sua natura. Quello che secondo me facciamo quando ascoltiamo una certa canzone, guardiamo una certa opera d'arte (e con quella contemporanea questo si coglie a pieno...se si vuole), leggiamo un certo romanzo, è mettersi gli occhi di chi ha fatto quel dolce dessert che è cibo per la mente. E come faremo ad aprire gli occhi sul serio, se abbiamo visto solo con i nostri?

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  2. Concordo con te Alberto, anche se credo che se riuscissimo a infilare gli occhiali "rosa" degli autori di determinate opere
    decadrebbe proprio l'effetto dell'arte intesa come esperienza, come confronto e rapporto della mia esistenza, della mia
    personale ed estranea visione e percezione del mondo. Il velo cadrebbe e non avrei più mistero e più scoperta, il mondo e
    le sue forme sarebbero una scatola trasparente ed i meccanismi altrui perderebbero la loro aura.

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  3. Ma come si può stare ad ammirare, speculare, davanti a un'opera, pensare a tutte le connessioni neurali che una tale vista ci propone, stare a farsi pensieri e a cercare il mistero, se poi non si ENTRA in rapporto con l'artista, dentro la sua creazione. Il passaggio tra la fase di scoperta, di conoscenza delle espressioni altrui, e quella di completa cognizione, in cui "Il velo cadrebbe e non avrei più mistero e più scoperta", non è affatto immediato. Non riesco a capire come tu la possa vedere come una paura: non si può temere di iniziare il viaggio e sforzarsi di aver conosciuto le prospettive degli altri piccoli e grandi demiurghi dell'Essenza, per la paura di arrivare un giorno ad averli conosciuti tutti e quindi non avere più niente da fare. A qual punto sì, a buon diritto posso affermare che il mondo mi sarebbe trasparente, il velo di Maya (se ti riferivi a quello) sarebbe ridotto a brandelli, ma quale enorme cammino dovrai intraprendere per arrivare a un tale obiettivo?

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